EUNAVFOR MED Operation Sophia è costata 1,5 miliardi e 50mila clandestini
L’Italia chiede “un aggiornamento del mandato dell’operazione Sophia” per “evitare che gli sbarchi dei migranti salvati dalle navi dell’operazione avvengano soltanto in Italia. Anche su questo tema occorre che tutti gli Stati membri si chiedano davvero se valga la pena di mettere in pericolo un’operazione anche di forte valenza politica” per “reiterare una chiusura netta ad un aggiornamento del mandato che l’Italia chiede allo scopo di ottenere finalmente uno sforzo condiviso sugli sbarchi”. Parola di Giuseppe Conte. Il premier porterà tali richiesta al Consiglio europeo in programma nei prossimi giorni.
Non si capisce perché non lasciare semplicemente che la missione scada a fine dicembre.
Lungi dall’essere una lotta al business dei clandestini e alla tratta dei nuovi schiavi – obiettivo dichiarato della missione Sophia – questa era diventata un servizio taxi in sinergia con le Ong. E come firmato da Renzi, in cambio di ‘flessibilità sul deficit’, i clandestini finivano tutti in Italia.
Altra cosa sarebbe se Sophia si unisse al blocco navale italo libico riportando indietro i barconi, ma così, è solo una calamita per i clandestini.
Una calamita che, tra l’altro, ci costa 129mila euro al giorno: escluso il costo di mantenimento dei fancazzisti che ci portano a casa e che finiscono nei centri di accoglienza.
Ricordiamo che i clandestini sbarcati dalla missione Sophia sono il 9% del totale degli arrivi negli ultimi tre anni: parliamo di oltre 50mila clandestini che non sarebbero dovuti finire in Italia.
Eunavformed era nata per schiacciare i trafficanti di esseri umani: in realtà si è trasformata nell’ennesimo servizio di taxi a favore degli scafistini. Nonostante i 151 sospetti, soprattutto scafisti, consegnati alle autorità italiane e le 551 imbarcazioni affondate o sequestrate, la flotta Ue non è mai riuscita a fermare il business dei migranti: anzi, lo ha facilitato.
Non è stato un blocco navale, quello attuato ora da Italia e Libia insieme.
Fino ad oggi l’Italia ha speso oltre 200 milioni di euro. Ogni mese in più spenderemmo quasi 5 milioni di euro.
E poi, ovviamente, ci sono i costi per mantenere i 50mila in hotel. Che tenendo conto di 2 anni di permanenza media a 35 euro al giorno, fanno 1.277.500.000
Insomma, la missione Ue c’è costato oltre 1,5 miliardi di euro, e qui c’è ancora qualcuno che vorrebbe prorogarla. Ma che chiuda.
Storia dell’operazione SOPHIA
La situazione di crisi nell’area del Mediterraneo centrale, causata dal perdurante conflitto interno in Libia e dal conseguente collasso del sistema statuale, ha tra le molteplici conseguenze la crescita esponenziale del flusso migratorio che attraverso la Libia, raggiunge via mare l’Italia e gli altri paesi dell’Unione Europea.
Un flusso migratorio facilitato e, soprattutto, sfruttato economicamente, da trafficanti di esseri umani che hanno messo in piedi una rete atta a lucrare sulla disperazione degli uomini, donne e bambini che ogni giorno tentano di intraprendere questo viaggio. In tale contesto, l’impiego di mezzi fatiscenti, inadatti alla navigazione in alto mare e sovraccarichi ha portato al ripetersi di naufragi molto spesso drammatici con la morte di centinaia e probabilmente migliaia di migranti. In particolare, dopo che lo scorso 18 aprile 2015 le acque del “nostro” Mediterraneo sono state teatro, secondo l’UNHCR, del più grande disastro della storia recente, con l’affondamento a Nord della Libia di un peschereccio con oltre 800 migranti, l’Unione Europea ha deciso di reagire con la massima urgenza. Così, solo due giorni dopo, su proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e Politica di Sicurezza, Federica Mogherini, il Consiglio Europeo ha ribadito il forte impegno ad agire al fine di evitare tragedie umane derivanti dal traffico di essere umani attraverso il Mediterraneo definendo un Action Plan sulla migrazione fondato su 10 punti, tra i quali il secondo si è di fatto concretizzato in EUNAVFOR MED operazione Sophia.
Il 18 maggio 2015 il Consiglio Europeo definiva il quadro generale dell’operazione di gestione militare della crisi volta ad adottare misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai trafficanti di esseri umani nel pieno rispetto del diritto internazionale.
Poco più di un mese dopo, il 22 giugno 2015, il Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea avviava ufficialmente l’operazione.
Da quel momento è iniziata una vera e propria maratona che ha visto la Task Force composta dalla portarei Cavour, dalla nave idrografica inglese Enterprise e dalle unità tedesche Werra (nave ausiliaria) e Schleswig-Holstein (fregata), raggiungere la piena capacità operativa il 27 luglio. Solo un mese dopo, l’Ammiraglio di Divisione Enrico Credendino, Operation Commander, annunciava al Political and Security Committee (P.S.C.) dell’Unione Europea il pieno successo della prima fase. Gli assetti navali ed aerei di EUNAVFOR MED operazione Sophia avevano, infatti, raggiunto tutti gli obiettivi prefissati, raccogliendo le informazioni necessarie a comprendere a pieno il modus operandi dei trafficanti e contrabbandieri di esseri umani al fine di essere pronti, una volta iniziata la seconda fase, a contrastare la loro attività in mare. Il 7 ottobre 2015, EUNAVFOR MED operazione Sophia è ufficialmente entrata nella sua seconda fase.
In aggiunta, sin dall’inizio dell’Operazione, le navi della Task Force europea hanno potuto contribuire allo sforzo che l’Italia, con l’Operazione Mare Sicuro, l’Europa con l’Operazione Triton dell’Agenzia Frontex e molte altre organizzazioni nazionali ed internazionali, con le quali EUNAVFOR MED è in stretto coordinamento, stanno portando avanti nel Mediterraneo Centrale per la salvaguardia della vita umana in mare. Un’attività, questa, che pur non rientrando nel mandato assegnato alla missione, è un obbligo ineludibile per il diritto internazionale, in adempimento al quale la missione EUNAVFOR MED si è prestata attivamente, prevedendo il soccorso anche nelle procedure operative. Ciò è avvenuto nel corso della prima fase e continuerà ad avvenire nel prosieguo della missione.
Il 26 ottobre 2015 l’Operazione ha ufficialmente assunto il nome di “EUNAVFOR MED operazione Sophia” dal nome dato alla bambina nata sulla nave dell’operazione che ha salvato la madre il 22 agosto 2015 al largo delle coste libiche.
Il 20 di giugno del 2016, la Commissione Europea ha esteso il mandato dell’operazione SOPHIA per un’ulteriore anno, fino quindi al 27 luglio 2017, aggiungendo, altresì, due compiti integrativi al mandato della missione:
- l’addestramento della Guardia Costiera e della Marina libica;
- il contributo alle operazioni di embargo alle armi in accordo alla Risoluzione dalle Nazioni Unite nr. 2292 (2016), poi rinnovata con la Risoluzione 2357 (2017).
Il 23 del mese di agosto 2016 l’Ammiraglio Credendino firmava con il Comandante della Guardia Costiera e la Sicurezza portuale libica, il Commodoro Toumia, l’accordo tecnico (“Memorandum of Understanding“) con cui si delineavano le modalità dell’addestramento della Guardia Costiera e della Marina libica da parte della forza europea dell’operazione Sophia.
Il 30 agosto ed il 6 settembre 2016, il Comitato Politico e di Sicurezza (CPS) dell’Unione Europea ha formalmente autorizzato l’inizio dei due compiti aggiuntivi sopra menzionati.
Il 30 agosto ed il 6 settembre 2016, il Comitato Politico e di Sicurezza (CPS) dell’Unione Europea ha formalmente autorizzato l’inizio dei due compiti aggiuntivi sopra menzionati.
Il 25 luglio 2017, in concomitanza con il rinnovo dell’operazione fino al 31 dicembre 2018, il Consiglio Europeo ha aggiunto al suo mandato tre nuovi compiti integrativi:
- istituire un meccanismo di controllo del personale in formazione per assicurare l’efficienza a lungo termine della formazione della Guardia Costiera e della Marina libica;
- svolgere nuove attività di sorveglianza e raccogliere informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia, conformemente alle risoluzioni 2146 (2014) e 2362 (2017) del Consiglio di sicurezza dell’ONU;
- migliorare le possibilità per lo scambio di informazioni sulla tratta di esseri umani con le agenzie di contrasto degli Stati membri, FRONTEX ed EUROPOL.
In data 14 maggio 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha autorizzato l’avvio di un progetto finalizzato a sperimentare, per un periodo di sei mesi, la Crime Information Cell (CIC) a bordo della flaghship dell’Operazione Sophia.
Flaghship dell’Operazione Sophia.
La CIC, composta da un massimo di 10 unità (EUROPOL, Frontex, Forze di Polizia degli Stati membri e personale di EUNAVFOR MED) avrà lo scopo di migliorare la raccolta e la trattazione delle informazioni, compresi i dati personali, sul traffico della tratta di esseri umani, sull’embargo delle armi in Libia, sul traffico illecito nonché sui reati pertinenti per la sicurezza dell’operazione tra l’operazione Sophia, Frontex, EUROPOL e gli Stati membri.
Il coordinamento delle attività della cellula, sarà assicurato dal Crime Information Cell Coordinator (CICC), ufficiale di polizia giudiziaria direttamente dipendente dal Comandante dell’Operazione. In tale contesto, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha fornito 3 unità (il CICC e 3 addetti).
Il coordinamento delle attività della cellula, sarà assicurato dal Crime Information Cell Coordinator (CICC), ufficiale di polizia giudiziaria direttamente dipendente dal Comandante dell’Operazione. In tale contesto, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha fornito 3 unità (il CICC e 3 addetti).
Ad oggi all’operazione partecipano 26 su 28 nazioni europee: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.
L’Italia detiene anche il Comando in mare della Task Force da bordo di Nave San Marco, operante quale flagship dell’operazione. Finora il dispositivo aeronavale ha visto impegnate, dal 2015 ad oggi, Nave Cavour, Nave Garibaldi, Nave San Giorgio, Nave San Giusto, Nave Zeffiro e Nave Etna.
Fasi dell’Operazione
L’operazione è suddivisa in quattro fasi:
(22 giugno – 7 ottobre 2015) – Fase Uno, volta a dispiegare le forze e raccogliere informazioni sul modus operandi dei trafficanti e contrabbandieri di esseri umani.
(7 ottobre 2015 – in corso) Fase Due, durante la quale gli assetti della Task Force potranno procedere, nel rispetto del diritto internazionale, a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico o la tratta di esseri umani. Tale fase è stata a sua volta suddivisa in una fase in alto mare, attualmente in corso, ed una in acque territoriali libiche, che potrà iniziare a seguito di una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dell’invito del relativo Stato costiero.
Fase Tre, volta a neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti sia in mare che a terra e quindi contribuire agli sforzi internazionali per scoraggiare gli stessi contrabbandieri nell’impegnarsi in ulteriori attività criminali. Anche questa Fase necessita di Risoluzione del’ONU e del consenso e cooperazione da parte del corrispondente Stato costiero.
Fase Quattro, che prevede il re-deployment.
fonte Ministero Difesa – Vox
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